mercoledì 28 novembre 2012

LA MATTANZA DEGLI AGNELLI

Pandaro, guerriero troiano, tende il proprio arco nell'intento di trafiggere il biondo Menelao con un dardo amaro.   Nel farlo Pandaro invoca la protezione di Zeus, padre degli dei e degli uomini; se mai la sua freccia avesse ucciso il re di Sparta avrebbe sacrificato  al Dio, adunatore di nubi, un'ecatombe infinita di teneri agnelli.
Oggi, più prosaicamente, apprendiamo che  Sali Berisha ha programmato una crudele strage di ovini in piazza Italia  a Tirana.
Per festeggiare l'indipendenza dell'Albania, migliaia di agnelli verranno radunati e macellati pubblicamente e sul momento, arrostiti e serviti agli astanti per festaggiare l'indipendenza dell' Albania.
Una collettiva abbuffata di  pessimo gusto e lorda di sangue. Gli oppositori di Berisha hanno criticato l'iniziativa rimarcandone lo squallore.
Invero ciò che stupisce è la forma truculenta di questa esecuzione di massa, non certo il fatto in sè, ovvero la circostanza che per commemorare una ricorrenza umana si scelga deliberatamente di sacrificare uno specifico  animale, preferibilmente cucciolo.
Nella nostra tradizione storica e culinaria abbiamo individuato nel cappone l'animale da sacrificare al Natale, nell'agnello quello idoneo a santificare la Pasqua, la papera è adatta a propiziare la trebbiautura, la gallina perfetta per il carnevale.
Non diversamente accade per le  altre culture.
Eppure tutti noi ci professiamo, chi più e chi meno, animalisti o per lo meno persone sensibilili.
Personalmente ritengo che l'uomo (l'essere umano)  sia, nel facere,  perennemente in contraddizione con i propri ideali.
Ci commuoviamo tutti per i bambini del terzo mondo, ma gli appelli dell'UNICEF o della CROCE ROSSA sono spesso inascoltati. Regaliamo  peluches di graziosi animaletti ai nostri figli e subito dopo serviamo loro succulenti pasti a base degli stessi animali. Noi maschi vagheggiamo l'amor cortese, ma siamo attratti dal fetish  o dal bizzar (che invero non spiace neppure alle nostre donne) . Le donne, anche le  più emancipate e consce dei valori dell'uguaglianza, per amore, sono disposte a subire maltrattamenti dai loro  compagni o anche solo ad  ascoltare, compunte,  in chiesa, la lettura di Paolo, là dove il santo afferma che la donna è stata creata per ubbidire al marito.
Penso che la mattanza periodica degli agnelli rappresenti adeguatamente questa nostra discrasia tra tra pensiero e azione.
L'agnello è, nell'immaginario collettivo, da sempre simbo di innocenza, di candore di purezza; lo è soprattutto con riferimento ai nostri testi  sacri. Nella Bibbia Abramo sacrifica un agnello al posto del figlio, entrambi innocenti. Nel vangelo il Cristo è l'agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo attraverso il suo sacrificio, rituale come quello dell'agnello. 
Dio stesso è il buon pastore e noi siamo i suoi agnelli, innocenti anche noi se purificati dal peccato originale.
Come si attaglia questa poetica allegoria di purezza con la bassa macelleria e la gozzoviglia di poi praticata costantemente. Si spiega solo con la nostra incoerenza o con la mancanza di qualsivoglia riflessione sul significato delle cose, che ci porterebbe ad essere in linea con quanto idealmente andiamo affermando.
Io stesso so di essere un campione di incoerenza e, in argomento, sono conscio di aver sprecato l'occasione di essere vegetriano. Mi consolo avendo letto su un testo del Dalai Lama che, in caso di necessità, ai bambini emaciati si puo dare in pasto la carne; anche questo è un compromesso figlio del nostro stato di perenne necessità.
E proprio perchè sono un sostenitore del compromesso, ne ho adottato uno che condivido con la mia famiglia; quello di non cibarmi di animali cuccioli (meno che mai di agnelli) e di rifiutare durante le festività comandate, la carne del malcapitato animale di turno. 
Mi permetto di suggerire  questo mio accorgimento che, se pur non si sottrae ad un giudizio di incoerenza, tuttavia vuol rappresentare una petizione di princio, costituire un segnale, un invito alla moderzione.
Altri, migliori di me, assumeranno atteggiamenti più radicali.
 
 Luigi Riccio
 
MAOMETTO: "Chi è buono verso le creature di Dio è buono verso sé stesso".
 
 

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