sabato 24 novembre 2012

OMOFOBIA

 
A proposito di crescita culturale del paese, due gli episodi che in questi giorni fanno riflettere. La bocciatura in Commissione di Giustizia della Camera delle norme  contro  l'omofobia ed il suicidio di un ragazzo gay fatto oggetto di scherno per i suoi gusti sessuali.
Tutto questo accade in un momento in cui in Francia è stata approvata la legge sui matrimoni gay.
Si può validamente sostenere che la conquista della libertà sessuale, in fatto di omosessualità, sia frutto  del pensiero etico moderno, e, in effetti,  lo è dal punto di vista giuridico, ma  non di costume.
Infatti la codificazione di norme a tutela della libera  manifestazione della sessualità individuale appartiene alla modernità, al passato (remoto) la vera libertà sessuale svincolata da pregiudizi meramente culturali.
Troppo spesso ci si dimentica delle nostre origini culturali e storiche, ovvero della cultura greco-romana su cui si fonda la nostra civiltà occidentale.
Se si sottoponesse la questione omosessualità ad un vaglio razionale, affrontando l'argomento in termini culturali, ci si renderebbe conto che l'omofobia è il frutto della cultura giudaico-cristiana, e che tutto l'orrore che provano i cattolici per l'amore tra gli appartenenti al medesimo sesso non è altro che una sovrastruttura  mentale.
In altri tempi, noi che parlavamo la lingua di Omero o quella di Orazio, prima che i sacerdoti delle nuove religioni ci facessero credere che Dio si occupa dei nostri atti sessuali, quasi fosse un guardone intento a spiarci nella nostra intimità anche affettiva, eravamo liberi di scegliere i nostri compagni, maschi o femmine che fossero. I nostri poeti sapevano commuoverci con i loro versi  dedicati alla bellezza di un fanciullo come a quella  delle Grazie, i nostri sculturi liberavano la figura dell' ermafrodito  da un blocco di marmo,  quasi la grezza materia già la celasse al suo interno.  
I nostri filosofi, i padri della logica e del pensiero etico, amavano i loro discepoli di amore intellettuale e carnale.
La  naturalezza e, come direbbe Italo Calvino, la "leggerezza"  con la quale gli antichi vivevano la propria sessualità è invidiabile; una sessualità priva di sensi di colpa e di frustrazioni, mai volgarmente esibita, ove l'amore, eterosessuale  o omosessuale che fosse,  faceva parte dell'ordine delle cose e dell'equilibrio del "cosmos";dell'universo.  
 
Luigi Riccio
 
 
 

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