Recentemente la Corte Europea
per i diritti dell’uomo ha deciso
che non vi sono valide ragioni per negare la possibilità di adozione
coparentale per le coppie gay. La differenza di trattamento rispetto ad una
copia eterosessuale non sposata è risultato del tutto ingiustificata per i
giudici europei.
Il ricorso era stato presentato da una coppia di cittadine austriache conviventi in modo stabile, delle quali una
aveva intenzione di adottare il figlio della sua compagna.
La Corte di Strasburgo ha ritenuto che l’Austria abbia violato l’art. 14 (divieto
di discriminazione) e l'articolo 8 (rispetto della vita familiare e privata)
della Convenzione europea dei diritti umani, avendo impedito l’adozione sulla
base di “orientamenti sessuali”, essendo
infatti consentito in quel paese l’adozione dei figli del proprio compagno
nell’ambito di una famiglia eterosessuale di fatto.
E’ bene ricordare che la Corte Europea per i diritti dell’uomo decide
sui ricorsi presentati dai cittadini dei singoli stati membri, i quali abbiano percorso nel loro paese tutti
i gradi di giurisdizione vedendosi respinte le proprie istanze.
Le decisioni interpretative della Corte Europea valgono per tutti gli
stati membri.
I giudici italiani devono tenere conto dei principi enunciati dalla
Corte Europea essendo tenuti a
disapplicare le norme interne in contrasto con la Carta dei diritti dell’uomo, anche
rimettendo la questione in esame alla
Corte Costituzionale; così pure il legislatore deve uniformare il diritto
interno ai summenzionati principi internazionali.
Ci si auspica che il nostro legislatore metta mano alla materia in
modo sereno e libero da pregiudizi, tenendo sempre presente che l’adozione
serve a garantire e tutelare maggiormente i minori, ampliando i loro diritti
(protezione-assistenza-affettività-diritto a succedere). Ogni altra
considerazione basata su pregiudizi, immobilismo e luoghi comuni, va
accantonata perché contraria ad una concezione evolutiva dell’etica.