venerdì 9 agosto 2013

KYENGE E LA LEGA, OVVERO IL MALE ANTICO DELLA XENOFOBIA


Le ingiurie dettate da motivazioni razziali rivolte da diversi esponenti della lega  alla cittadina italiana, signora Kyénge, ministro della Integrazione, non rappresentano isolati momenti di idiozia individuale, ma si configurano come esternazione, sia pure estremistica, di una scuola di pensiero la cui profonda radice è l’egoismo.
Per comprenderlo è sufficiente riflettere sul contenuto etico-politico del programma stesso della lega, ben raffigurato dai suoi stessi simboli.
Nell’immaginario retorico post-risorgimentale il “carroccio” rappresentava l’aggregazione dei comuni italiani, unitisi per la difesa dei nostri patrii confini.
Nella realtà i comuni lombardi e toscani si erano uniti occasionalmente per difendere le loro singole autonomie, quelle stesse autonomie che hanno reso, per secoli, l’italia mercimonio delle grandi potenze.
Mentre al di qua delle Alpi, fiorentini e pisani si massacravano e le nostre microbiche repubbliche marinare si contendevano aree commerciali, in Europa nascevano i grandi imperi e  flotte destinate a scoprire nuovi continenti.
Così, di lì a poco, dopo essere stati terra di conquista di innumerevoli popolazioni barbariche, siamo stati asserviti agli  angioini, ai borboni e agli austriaci.
E’ il male endemico degli italiani, che si manifesta oggi in modo grottesco, ma non per questo meno preoccupante, nella ideologia leghista.
Al giovane Leopardi che  scriveva:

Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
Che di catene ha carche ambe le braccia;
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,           
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia…

possiamo rispondere che siamo noi la causa dei nostri mali.
L’ Italia è stata sempre divisa dall’egoismo, lo sguardo miope degli italiani, sino al risorgimento, non ha saputo vedere oltre il confine del quartiere, delle mura cittadine, dalla regione; mai un sogno di fratellanza che andasse oltre.
Così, se vogliamo contrapporre valori a valori, ben si può parteggiare per iI Sacro romano impero e per Federico II di Svevia, il cui sogno era l’unità, la legge comune, la  giustizia e la tolleranza.
Nell’impero immaginato allora da Federico, ebrei, mussulmani e cattolici avrebbero avuto pari dignità e pari diritti, ed i delitti sarebbero stati perseguiti dallo Stato, come nelle democrazie moderne. Tra le mura dei comuni della Lega Lombarda, regnava invece l’autorità del signore, non della legge, e di lì ha poco sarebbero state emanate le prime norme razziali antisemite  e gli ebrei sarebbe stati rinchiusi nei ghetti.
Oggi la visione miope e ottusa di allora, attualizzata da una  moderna xenofobia, muove il pensiero, se di pensiero si vuole parlare, di una certa parte dei leghisti, che sono ben lungi dai valori della tolleranza e della integrazione, virtù etiche a loro ignote.  
Cosi in modo becero e ignorante, chi ha avuto solo la lungimiranza, pro domo sua, di annodarsi al collo una cravattina verde, può dare della scimmia ad una cittadina italiana, meritevole di aver vinto una borsa di studio e di essersi laureata in Italia in medicina ma, si badi, non accettabile per essere nata in Congo.   
Occorre, per questi episodi di vile e arrogante discriminazione, indignarsi e gridare forte il proprio dissenso, perché ricordiamoci  che il razzismo, sia pure se manifestato con il sorriso sulle labbra, magari scherzando prima e minimizzando poi, nasconde sempre il volto oscuro del male.

Luigi Riccio