4. Il giudice,
nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato
motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, perché il
fatto contestato non sussiste o il lavoratore non lo ha commesso ovvero perché
il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla
base delle tipizzazioni di giustificato motivo soggettivo e di giusta causa
previste dai contratti collettivi applicabili, annulla il licenziamento e
condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro di cui al
primo comma e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima
retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello
dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel
periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative,
nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca
di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell’indennità risarcitoria
non potrà essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di
fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi
previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della
effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza
applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo
pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe
stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall’illegittimo licenziamento e
quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre
attività lavorative. In quest’ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad
altra gestione previdenziale, essi sono imputati d’ufficio alla gestione
corrispondente all’attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con
addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell’ordine di
reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore
non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di
lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità sostitutiva della
reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma.
5. Il giudice,
nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del
giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di
lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del
licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità
risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di
ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione
all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati,
delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni
delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.
6. Nell’ipotesi
in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione del requisito
di motivazione di cui all’articolo 2, secondo comma, della legge 15 luglio
1966, n. 604, della procedura di cui all’articolo 7 della legge 20 maggio 1970,
n. 300, o della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n.
604, si applica il regime di cui al quinto comma, ma con attribuzione al
lavoratore di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione
alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di
lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell’ultima
retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale
riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore,
accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel
qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di
cui ai commi quarto, quinto o sesto..
7. Il giudice
applica la medesima disciplina di cui al quarto comma del presente articolo nell’ipotesi
in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche
ai sensi dell’articolo 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n.
68, per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del
lavoratore, ovvero che il licenziamento è stato intimato in violazione
dell’articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Può altresì applicare la
predetta disciplina nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del
fatto posto a base del licenziamento per giustifico motivo oggettivo; nelle
altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto
giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma.
In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell’indennità tra
il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al sesto
comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova
occupazione e del comportamento delle parti nell’ambito della procedura di cui
all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604. Qualora, nel corso del
giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento
risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione
le relative tutele previste dal presente articolo.
8. Le
disposizioni dal comma quarto al comma settimo si applicano al datore di
lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento,
filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento
occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se
trattasi di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o
non imprenditore, che nell’ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti
ed all’impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di
cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente
considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro,
imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti.
9. Ai fini del
computo del numero dei dipendenti di cui all’ottavo comma si tiene conto dei lavoratori
assunti con contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente
svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative
fa riferimento all’orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore.
Non si computano il coniuge ed i parenti del datore di lavoro entro il secondo
grado in linea diretta e in linea collaterale. Il computo dei limiti occupazionali
di cui al nono comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni
finanziarie o creditizie.
10. Nell’ipotesi
di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici
giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del medesimo,
il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità,
con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente
alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente
articolo.
11. Nell'ipotesi
di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza congiunta
del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il
giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con
ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti
dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
12. L'ordinanza
di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al
giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni
dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura
civile.
13. L'ordinanza
può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
14. Nell'ipotesi
di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, il datore di lavoro che
non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all'ordinanza di cui
al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è
tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo
adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al
lavoratore.
SCHEMA DELLA RIFORMA DELL’ART. 18
Tutela reale
|
§ Nel caso di licenziamento discriminatorio (per matrimonio, violazione della tutela della maternità e gli altri
casi previsti dalla legge).
§ Nelle
ipotesi in cui non ricorrono gli
estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal
datore di lavoro, perché il fatto contestato non sussiste o il lavoratore
non lo ha commesso ovvero perché rientra tra le condotte punibili con una
sanzione conservativa sulla base dei contratti collettivi applicabili.
§ Nel caso di
licenziamento orale
§ Nel caso di difetto di giustificazione del
licenziamento intimato, anche ai sensi dell’articolo 4, comma 4, e 10, comma
3, della legge 12 marzo 1999, n. 68, per motivo oggettivo consistente
nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore e violazione art.2110 C.C.
§ Nel caso di
accertamento della manifesta insussistenza
del fatto posto a base del licenziamento per giustifico motivo oggettivo;
|
Tutela
risarcitoria
|
§ Nelle altre
ipotesi in cui non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o
della giusta causa.
§ Nell’ipotesi
di violazione del requisito di motivazione del licenziamento di cui
all’articolo 2, II co., legge 604/66 -, della procedura di cui all’art.7 L.
300/1970 o della procedura di cui
all’art. 7 della L. n. 604/1966.
§ Nelle altre
ipotesi in cui non in cui non ricorrono gli estremi del giustificato motivo
oggettivo
|
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