giovedì 13 settembre 2012

COLPO DI FRUSTA art.139 CdA (Legge27/2012)

ANCORA UNA LEGGE IN ODORE  DI INCOSTITUZIONALITA'    ED    IN  CONTRASTO 
CON LA  CONVENZIONE   EUROPEA  PER   LA SALVAGUARDIA DEI  DIRITTI  DELL'UOMO
Si tratta della Legge 27/2012 che ha novellato l'art. 139 del Codice delle Assicurazioni al fine di rendere più difficoltoso il risarcimento dei danni conseguenti a lesioni di lieve entità, ovvero per l'80% dei danni da distrazione del rachide cervicale (colpo di frusta).
In buona sostanza le compagnie di assicurazione hanno ottenuto dal nostro maldestro legislatore una norma apparentemente finalizzata a contrastare le truffe, ma in realtà utilizzata dalle compagnie stesse al fine di non risarcire i danneggiati. 
Al terzo comma dell'art.139 CdA sono state, infatti, aggiunte le seguenti norme: 
 
Comma 3 ter: “In ogni caso le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obbiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”.
- Comma 3 quater: Il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all’art. 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7/09/2005 n.209, è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione”.
 
Le norme si presentano subito contraddittorie;  il comma 3 ter asserisce che non vengono risarcite le lesioni prive di accertamento strumentale, per  il comma quater è sufficiente la risultanza visiva (clinica) in alternativa a quella strumentale (radiografie-risonanze-ecografia ecc.).
Nella prassi  a decorrere da luglio, gli ispettorati di liquidazione danni  hanno avuto disposizione dalle proprie direzioni di contestare sempre la carenza dell'accertamento "strumentale" delle lesioni. Non solo,  le compagnie intendono (a quanto pare con il benestare dell'ISVAP) applicare RETROATTIVAMENTE la Legge 27/2012, con ciò commettendo una  palese "aberratio iuris".
La situazione non è accettabili per uno stato di diritto quale l'italia che deve mirare alla salvaguardia dei diritti dei propri cittadini.  
Poichè si verificherà un notevole aumento del contenzioso, spetterà  ai giudici  farsi carico della corretta interpretazione dell'art. 139 CdA, così come novellato.
A nostro avviso, e questa è l'impostazione che diamo ai nostri atti, il giudice dovrebbe disapplicare il comma tre ter in quanto contrastante con agli artt. 2 e 8, nonché con l’art.1  Prot. n.1 della Convenzione Europea per i diritti dell'uomo.
Infatti gli atti comunitari prevalgono su quelli degli Stati membri, sia per quelli preesistenti all'approvazione della norma comunitaria che per quelli emanati successivamente: si tratta quindi di una priorità ontologica, non temporale. 
Nel caso in esame, a nostro avviso, il giudicante,  chiamato a decidere in base alle  contrastanti norme contenute nell’art. 139 CdA,  potrà non applicare il comma  ter in quanto lo stesso, oltre ad essere in contrasto con il successivo comma quater, contrasta  con i principi contenuti nella Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo ed applicati dalla Corte dei Diritti Umani, non essendo necessario investire la Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale della disposizione interna in esame.
Solo il comma quater, potrebbe infatti risultare  in linea con i dettami del diritto europeo per la tutela dell’uomo, in quanto si limita ad affermare che le lesioni permanenti devono essere accertate dal medico legale secondo i dettami della scienza medica, clinici, visivi, strumentali che siano.
Il contrasto insanabile della citata legge italiana con le norme contenute nella Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo, risulta evidente con riferimento agli artt. 2 e 8, nonché con l’art.1  Prot. n.1.
La tutela della integrità psico-fisica e quella alla attività privata e familiare trovano, infatti, fondamento negli artt. 2 e 8 del testo della Convenzione; non vi è dubbio, infatti,  che la lesione derivante da sinistro stradale, comportante un danno biologico, si riverberi sulla integrità psicofisica e quindi anche sulla attività familiare e sulla vita privata. Analogamente, la negazione del risarcimento, una volta accertato il danno (sia pure non strumentalmente) costituisce lesione al “bene” del soggetto leso, nella larga eccezione elaborata dalla Corte di  Strasburgo con riferimento al concetto di proprietà previsto dall’art. 1 del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo. 
La giurisprudenza della Corte di Giustizia ha infatti prospettato una visione ampia del concetto “bene”, si veda ad esempio la giurisprudenza riguardante il diritto alla  “pensione” . Il diritto al risarcimento, inteso come bene di natura economica, di natura remunerativa e consolatoria rispetto alla provocata  menomazione della salute, non può essere considerato differentemente.
A prescindere dalle suestese osservazioni e relativamente al diritto interno italiano, l’art. 139, comma 3, ter e quater CdA,   risulta essere in palese contrasto con i dettami della costituzione, qualora venisse interpretato nel senso di porre un limite al risarcimento del danno da lesioni permanenti accertate  clinicamente e visivamente e non strumentalmente.
La questione di legittimità, ancor prima della novella di cui si ragiona, è stata sollevata dal Tribunale di Tivoli, in ordine alla formulazione del 139 CdA, con ordinanza del 21 marzo 2012.
Se già la formulazione del 139, nella parte in cui limita la discrezionalità del giudice nel liquidare il danno non patrimoniale, ha creato forti dubbi di costituzionalità, ancor più la recente normativa appare in contrasto con i dettami della Carta.
Non vi è, infatti, chi non veda che limitare la risarcibilità  dei danni fisici, qualora gli stessi si verifichino in occasione della circolazione di veicoli a motore, non è altro che un cadeau alle compagnie di assicurazioni, che mal si attaglia con i principi di uguaglianza e di ragionevolezza sui quali devono fondarsi le leggi, a pena di incostituzionalità.
Può ritenersi ragionevole che un pedone che cada a causa di una buca del manto stradale, o sia  investito da una bicicletta, possa essere risarcito senza problemi o limitazioni, a differenza di quello investito da un’auto ? 
In termini simili, ovvero sui medesimi dubbi, è stata motivata l’ordinanza di remissione  del Tribunale di Tivoli .
La norma citata dunque appare dunque formulata in violazione dei dettami della Carta Costituzionale e precisamente: 
- dell’art 2 Cost. in quanto le norme oggetto di censura compromettono i diritti inviolabili dei cittadini, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (famiglia);
- dell’art. 3 Cost, in quanto è compito della Repubblica il rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che di fatto limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, e ciò in quanto tutti i cittadini devono poter esercitare gli stessi diritti;
- dell’art. 24 Cost., perché di fatto le norme in esame inibiscono il diritto di accedere avanti all’autorità giudiziaria ai fini di provare, con ogni mezzo consentito dalle norme generali (documenti, prove orali, perizie, presunzioni) il proprio diritto;
- dell’art. 32 Cost. in quanto il diritto alla salute va salvaguardato anche attraverso norme che ne garantiscano la tutela riparatoria, quali quelle relative al risarcimento del danno non patrimoniale.
Quanto al principio di ragionevolezza, al quale occorre sempre far riferimento quando si intende vagliare la tenuta di una norma rispetto all’art. 3 Cost., va rilevato che la funzione che si attribuisce a detta norma è tanto quella di assicurare identico trattamento a situazioni identiche, quanto, parallelamente, quella di giustificare differenze di disciplina per situazioni non comparabili.
Ci sembra pacifico che la circostanza che il danno da  lesione di modesta entità debba essere risarcito dall’assicuratore, non giustifica affatto un diverso trattamento rispetto ai principi generali applicabili per tutti gli altri casi.
Ciò soprattutto se si tiene conto che la volontà del legislatore è stata quella di limitare le truffe assicurative.
In punto non vi è dubbio che la tutela degli enti assicurativi può e deve essere attuata attraverso diverse norme (in parte già esistenti) volte a punire i reati di truffa, senza penalizzare i cittadini attraverso un sistema depauperativo quanto ai diritti.
E’ un po’ come se , per evitare il proliferare delle violenze sessuali, la legge, anziché adottare misure protettive per i cittadini,  ne limitasse la libertà, imponendo alle donne di uscire di casa solo accompagnate da un parente maschio, come in certi paesi dell’Islam.
Sarà quindi, anche nel caso in questione,  compito degli avvocati quello di adoperarsi in sede giudiziaria al fine di far prevalere i diritti della persona e dei  cittadini; come pure sarà compito dei giudici quello di applicare la Legge al fine del conseguimento della "giustizia sostanziale", il cui conseguimento è sempre più messso a rischio dalla nostra classe politica sempre attenta alle esigenze delle vere lobbies.

 avv. Luigi Riccio
 

 

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