mercoledì 13 marzo 2013

L'ONORE DEGLI ITALIANI - LA VICENDA DEI MARO'

  Ho appreso la notizia del mancato rientro in India, per disposizione della Farnesina, dei due nostri marò,  con indignazione e rabbia.
Come cittadino italiano non posso che provare vergogna.
L'Italia ha dato prova un'altra volta di non rispettare la parola data.
E' fuor di dubbio che l'India non abbia giurisdizione relativamente alla morte dei due pescatori, avvenuta in acque internazionali; tuttavia questa considerazione  non giustifica affatto il comportamento del nostro governo che istituzionalmente ha violato  apertamente i propri impegni.
Il rispetto della parola, che spesso assume forme rituali come il giuramento,  è principio etico universale, finalizzato ad ottenere, nel contesto sociale, l'affidamento dei terzi. Venire meno agli impegni ufficialmente acclarati comporta perdita di credibilità e di stima da pparte degli altri; l'Italia, oggi più di ieri, non ne ha certo bisogno.
Rispettare la propria parola è condizione imprescindibile dell'onorabilità; lo è sempre stato, ed è principio profondamente radicato nella nostra cultura. 
Ancora oggi, a distanza di duemiladuecentocinquanta dai fatti, i nostri figli a scuola hanno l'oportunità di conoscere, leggendo Tito Livio,   la leggenda del console romano Marco Attilio Regolo, che ben rappresenta il pensiero romano in ordine al concetto di onore.   
Regolo, prigioniero a Cartagine, ebbe il permesso di tornare a Roma per ottenere dai suoi cittadini l'interruzione della guerra. Se avesse fallito sarebbe dovuto tornare a Cartagine per essere giustiziato. Il console diede la sua parola di romano; sarebbe tornato.
Regolo non perorò la pace, anzi infervorò gli animi dei sui cittadini affinchè portassero a termine la guerra, poi, rispettando il suo impegno, tornò a Cartagine. ove subi un'orrenda morte. 
Non pretendiamo tanto.
Tuttavia noi italiani possiamo esigere, se non altro per rispetto ai nostri caduti del Carso, ai nostri alpini  della brigata Julia, e a tanti altri, che due nostri militari che sulla divisa con le  mostrine hanno cucito il tricolore, rispettino la loro parola.
Ma come possiamo, a ben pensarci, pretendere che due ragazzi sentano dentro di loro il desiderio di essere di esempio agli altri, portando con dignità il peso di una temporanea detenzione ingiusta (giurisdizionalmente ingiusta), quando è proprio dalle nostre istituzioni che giunge il cattivo esempio, quando è il nostro Ministero a violare un accordo preso pochi giorni prima.
Figura da pagliacci. 
Ecosì, anche per via di ulteriori nostri comportamenti, a dir poco folcloristici e tipizzanti,  meritiamo all'estero la considerazione che, al di là dei sorrisi diplomatici, gli altri hanno di noi.
 
Luigi Riccio 

1 commento:

  1. La prima volta che i Marò sono tornati in Italia, conoscendo le nostre abitudini, avevo pensato che non se ne sarebbero più andati. Mi ero sbagliata... ma di poco.

    RispondiElimina