lunedì 9 settembre 2013

IL RISPETTO DELLA LEGGE, DA SOCRATE A BERLUSCONI

Perché ci ostiniamo ad insegnare ai nostri figli  principi che poi siamo i primi a disattendere?
Non parlo dei compromessi morali a cui spesso cede, per debolezza, il singolo, mi riferisco alla palese contraddittorietà etica dell'intera società. o di buona parte di questa. 
Ammesso (ma non concesso necessariamente) che i nostri politici abbiano frequentato un liceo, è fuor di dubbio che si siano imbattuti in argomenti di storia e filosofia, ritenuti essenziali dal programma ministeriale, per la crescita intellettuale dei giovani.
Tra questi argomenti fondamentali primeggia quello del "rispetto della legge" e quindi, come conseguenza, delle sentenze.
Non vi è un liceale (o un ex liceale) italiano che non abbia letto, commentato e magari tradotto l'Apologia di Socrate, ovvero appreso di come Socrate, condannato ingiustamente a morte, per un fatto non commesso, pur potendosi sottrarre all'esecuzione della sentenza allontanandosi da Atene, avendo in sommo grado rispetto per La Legge, scontò serenamente la pena, bevendo la cicuta.
« Non voglio fuggire, non bisogna mai commettere un'ingiustizia nemmeno quando la si riceve. » fa dire Platone a Socrate.
Ancora, e bene lo sanno gli studenti del liceo classico, filologi, filosofi, studiosi e poeti, per più di duemila anni hanno analizzato, discusso e rappresentato la tragedia di Antigone, ovvero il dramma della scelta tra la necessità morale di rispettare la legge della polis (dello stato) e l'esigenza, non meno etica, di seguire norme non scritte di umana pietà.
Antigone, personaggio straordinario creato dal genio tragico di Sofocle, eroina purissima ed immortale, scelse di violare la legge codificata, dando sepoltura al cadavere del fratello; ma la scelta di Antigone portava in sé la conseguenza di una terribile pena,  punizione conosciuta ed accettata come giusta dalla fanciulla tebana.
Ora, se è questo che si studia a scuola, se questa è, o dovrebbe essere, la formazione culturale media degli italiani voluta  dallo stesso Ministero dell'istruzione, in continuità con il programma di Giovanni Gentile, come è possibile che nell'ambito delle nostre stesse istituzioni e nell'agone politico si possa disquisire in ordine all'applicazione o meno della sentenza di condanna stabilita definitivamente dalla Corte di Cassazione, nei confronti del senatore Silvio Berlusconi?
Non intendo assolutamente entrare nel merito della sentenza in questione, relativamente alla quale non conosco le risultanze istruttorie, né la motivazione della Suprema Corte; posso persino ammettere teoricamente  l'errore giudiziario e la persecuzione politica, tuttavia non posso concepire che chi ci governa deliberatamente chieda, voglia o pretenda, nel caso in questione, la disapplicazione della legge, con evidente detrimento del principio di uguaglianza dei cittadini.
Del resto, evidenzio,  riprendendo quanto asserito pocanzi, che il centrodestra ha sempre dato (anche giustamente) particolare rilievo alla nostra cultura , nonché ai principi informatori della nostra società,  ponendoli talvolta in antinomia con altre realtà giuridiche e sociali che ci sono estranee.
Tuttavia ritengo che la nostra cultura (anche e soprattutto giuridica),  così armoniosamente infusa nella Costituzione italiana, non  dovrebbe essere un abito elegante da indossare nelle occasioni diplomatiche, ma un habitus mentale fatto proprio da tutti noi, e soprattutto da chi, per effetto del nostro voto, a prescindere dallo schieramento, ci rappresenta.
 
Luigi Riccio
 
 
   

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