Le ingiurie dettate da motivazioni razziali
rivolte da diversi esponenti della lega alla
cittadina italiana, signora Kyénge, ministro della Integrazione, non rappresentano
isolati momenti di idiozia individuale, ma si configurano come esternazione,
sia pure estremistica, di una scuola di pensiero la cui profonda radice è l’egoismo.
Per comprenderlo è sufficiente riflettere sul
contenuto etico-politico del programma stesso della lega, ben raffigurato dai suoi
stessi simboli.
Nell’immaginario retorico post-risorgimentale
il “carroccio” rappresentava l’aggregazione dei comuni italiani, unitisi per la
difesa dei nostri patrii confini.
Nella realtà i comuni lombardi e toscani si
erano uniti occasionalmente per difendere le loro singole autonomie, quelle
stesse autonomie che hanno reso, per secoli, l’italia mercimonio delle grandi
potenze.
Mentre al di qua delle Alpi, fiorentini e
pisani si massacravano e le nostre microbiche repubbliche marinare si
contendevano aree commerciali, in Europa nascevano i grandi imperi e flotte destinate a scoprire nuovi continenti.
Così, di lì a poco, dopo essere stati terra
di conquista di innumerevoli popolazioni barbariche, siamo stati asserviti agli
angioini, ai borboni e agli austriaci.
E’ il male endemico degli italiani, che si
manifesta oggi in modo grottesco, ma non per questo meno preoccupante, nella
ideologia leghista.
Al giovane Leopardi che scriveva:
Chi la
ridusse a tale? E questo è peggio,
Che di
catene ha carche ambe le braccia;Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia…
possiamo rispondere che siamo noi la causa
dei nostri mali.
L’ Italia è stata sempre divisa dall’egoismo,
lo sguardo miope degli italiani, sino al risorgimento, non ha saputo vedere
oltre il confine del quartiere, delle mura cittadine, dalla regione; mai un
sogno di fratellanza che andasse oltre.
Così, se vogliamo contrapporre valori a
valori, ben si può parteggiare per iI Sacro romano impero e per Federico II di
Svevia, il cui sogno era l’unità, la legge comune, la giustizia e la tolleranza.
Nell’impero immaginato allora da Federico, ebrei,
mussulmani e cattolici avrebbero avuto pari dignità e pari diritti, ed i
delitti sarebbero stati perseguiti dallo Stato, come nelle democrazie moderne. Tra
le mura dei comuni della Lega Lombarda, regnava invece l’autorità del signore,
non della legge, e di lì ha poco sarebbero state emanate le prime norme razziali
antisemite e gli ebrei sarebbe stati
rinchiusi nei ghetti.
Oggi la visione miope e ottusa di allora, attualizzata
da una moderna xenofobia, muove il
pensiero, se di pensiero si vuole parlare, di una certa parte dei leghisti, che
sono ben lungi dai valori della tolleranza e della integrazione, virtù etiche a
loro ignote.
Cosi in modo becero e ignorante, chi ha avuto
solo la lungimiranza, pro domo sua, di annodarsi al collo una cravattina verde,
può dare della scimmia ad una cittadina italiana, meritevole di aver vinto una
borsa di studio e di essersi laureata in Italia in medicina ma, si badi, non
accettabile per essere nata in Congo.
Occorre, per questi episodi di vile e
arrogante discriminazione, indignarsi e gridare forte il proprio dissenso, perché
ricordiamoci che il razzismo, sia pure
se manifestato con il sorriso sulle labbra, magari scherzando prima e
minimizzando poi, nasconde sempre il volto oscuro del male.