mercoledì 24 aprile 2013

XXV APRILE

In occasione della festa della liberazione pubblico la poesia (che è più un'invettiva dettata dallo sdegno)  scritta da Piero Calamandrei in risposta ad un'affermazione del generale nazista Albert Kesserling condannato per crimini di guerra e poi  scarcerato nel 1952 per motivi di salute.
Il feldmaresciallo dopo la sua scarcerazione affermò che gli italiani avrebbero dovuto erigergli un monumento avendo egli operato in Italia per la salvaguardia delle città d'arte.
Kesserling organizzò, per delega a Kapler, l'eccidio delle fosse Ardeatine e promulgò il bando che porta il suo nome, con il quale, per contrastare l'attività partigiana, veniva disposta la rappresaglia contro i cittadini inermi; la conseguenza fu Marzabotto, Civitella, Sant' Anna di Stazzena e altre stragi. 
 
Eccidio di Civitella I tedeschi irruppero nelle case, aprendo il fuoco sugli abitanti a prescindere dal sesso o dall'età. L'episodio più truce si consumò nella chiesa, mentre si stava celebrando la Messa. Entrati nell'edificio sacro, i tedeschi divisero i fedeli in piccoli gruppi. Quindi, indossati grembiuli mimetici in gomma per non sporcarsi di sangue, li freddarono con dei colpi alla nuca. Eroico fu il gesto del sacerdote, don Alcide Lazzeri: costui, in quanto religioso, sarebbe stato risparmiato dai tedeschi, ma scelse di condividere la sorte degli sfortunati parrocchiani.
Compiuta la strage, i tedeschi incendiarono le case di Civitella, provocando così la morte anche di coloro che avevano disperatamente tentato di salvarsi nascondendosi nelle cantine o nelle soffitte. Solo pochi abitanti riuscirono a salvarsi dal massacro. Alla fine si contarono 244 morti: 115 a Civitella, 58 a Cornia e 71 a San Pancrazio 
 
Eccidio di Sant'Anna di Stazzena All'alba del 12 agosto '44, tre reparti di SS salirono a Sant'Anna mentre un quarto chiudeva ogni via di fuga a valle sopra il paese di Valdicastello. Alle sette il paese era circondato. Quando le SS giunsero a Sant'Anna, accompagnati da fascisti collaborazionisti che fecero da guide, gli uomini del paese si rifugiarono nei boschi per non essere deportati mentre donne, vecchi e bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro, in quanto civili inermi, restarono nelle loro case.
In poco più di tre ore vennero massacrati 560 civili, in gran parte bambini, donne e anziani. I nazisti li rastrellarono, li chiusero nelle stalle o nelle cucine delle case, li uccisero con colpi di mitra e bombe a mano. La vittima più giovane, Anna Pardini, aveva solo 20 giorni. Sebbene fosse viva era gravemente ferita. A trovare la piccola fu una sorella che, miracolosamente superstite, la rinvenne tra le braccia della madre ormai morta
 
Strage di Marzabotto La mattina del 29 settembre, prima di muovere all'attacco dei partigiani, quattro reparti delle truppe naziste, comprendenti sia SS che soldati della Wehrmacht, accerchiarono e rastrellarono una vasta area di territorio compresa tra le valli del Setta e del Reno, utilizzando anche armamenti pesanti. Quindi dalle frazioni di Panico, di Vado, di Quercia, di Grizzana, di Pioppe di Salvaro e dalla periferia del capoluogo le truppe si mossero all'assalto delle abitazioni, delle cascine, delle scuole e fecero terra bruciata di tutto e di tutti.   Nella frazione di Casaglia di Monte Sole la popolazione atterrita si rifugiò nella chiesa di Santa Maria Assunta, raccogliendosi in preghiera. Irruppero i tedeschi, uccidendo con una raffica di mitragliatrice il sacerdote, don Ubaldo Marchioni, e tre anziani. Le altre persone, raccolte nel cimitero, furono mitragliate: 195 vittime, di 28 famiglie diverse tra le quali 50 bambini. Fra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, dopo sei giorni di violenze, il bilancio delle vittime civili si presentava spaventoso: circa 770 morti.
 
 
Su Piero Calamandrei, avvocato e giurista, ho scritto altri post.
Qui basta ricordare che è stato uno dei padri della nostra costituzione  e promotore delle norme scritte a tutela dei diritti fondamentali ed inviolabili della persona. 
 
  
 
 
 
 
 
 

Il MONUMENTO

Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
 ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d'un macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
  RESISTENZA.


 

sabato 13 aprile 2013

CANI ....POESIE E IMMAGINI

 
"Volgi gli occhi allo sguardo del tuo cane: puoi affermare che non ha un'anima?"
- VICTOR HUGO -

§§§

PABLO NERUDA
 
 
 
Il cane mi domanda e non rispondo.
Salta, corre nei campi e mi domanda senza parlare
e i suoi occhi son due domande umide,
due fiamme liquide interroganti
e non rispondo,
non rispondo perchè non so e niente posso dire.
In mezzo ai campi andiamo uomo e cane.
Luccicano le foglie come se qualcuno le avesse baciate ad una ad una,
salgono dal suolo tutte le arance a collocare piccoli planetari
in alberi rotondi come la notte e verdi,
e uomo e cane andiamo fiutando il mondo, scuotendo il trifoglio, per i campi del Cile,
fra le limpide dita di settembre.
Il cane si arresta,
corre dietro alle api, salta sull’acqua irrequieta, ascolta lontanissimi latrati,
orina su una pietra e porta la punta del suo muso a me, come un regalo.
Tenera impertinenza per palesare affetto!
E fu a quel punto che michiese, con gli occhi,
perchè ora è giorno,
perchè verrà la notte, perchè la primavera non portò nel suo cesto nulla
per cani vagabondi, ma inutili fiori,
fiori e ancora fiori.
Questo mi chiede il cane e non rispondo.
Andiamo avanti, uomo e cane, appaiati dal mattino verde,
dall’eccitante vuota solitudine in cui solo noi esistiamo,
perchè non esistono uccelli o fiori occulti,
ma profumi e gorgheggi per due compagni,
per due cacciatori compagni:
un mondo inumidito dalle distillazioni della notte,
un tunnel verde e poi una prateria,
una raffica di vento aranciato,
il sussurro delle radici,
la vita che cammina, respira, cresce,
e l’antica amicizia,
la gioia di essere cane e di essere uomo
tramutata in un solo animale
che cammina muovendo sei zampe
e una coda intrisa di rugiada.
 
 
 
Il mio cane è morto.

Lo sotterrai nel giardino
insieme ad una vecchia macchina ossidata.

Lì, non più sotto,
ne più sopra,
si unirà con me un giorno.
Ora ormai se ne è andato col suo pelame,
la sua maleducazione, il suo naso freddo.
Ed io, materialista che non crede
nel celeste cielo promesso
per nessun umano,
per questo cane o per ogni cane
credo nel cielo, sì, credo in un cielo
dove io non entrerò, però lui mi attende
ondulando la sua coda di ventaglio
perché io al giungere abbia amicizie.

Ahi, non dirò la tristezza sulla terra
di non averlo più per compagno
perché mai fu per me un servitore.
Ebbe verso me l’amicizia di un riccio
che conservava la sua sovranità,
l’amicizia di una stella indipendente
senza più intimità dell’essenziale,
senza esagerazioni:
non si arrampicava al mio vestiario
coprendomi di peli o di acari,
non strofinava contro il mio ginocchio
come altri cani ossessivi.

No, il mio cane mi guardava
dandomi l’attenzione necessaria,
l’attenzione necessaria
a far comprendere a un vanitoso
che essendo cane lui,
con quegli occhi, più puri dei miei,
perdeva il tempo, ma mi guardava
con lo sguardo che mi riservò
tutta la sua dolce, la sua pelosa vita,
la sua silenziosa vita,
vicino a me, senza mai importunarmi,
e senza chiedermi nulla.

Ahi quante volte volli avere coda
andando unito a lui per le rive
del mare, nell’Inverno di Isla Negra,
nella grande solitudine: in alto l’aria
trapassata di uccelli glaciali
e il mio cane che saltava, irsuto, colmo
di voltaggio marino in movimento:
il mio cane vagabondo e fiutante
inalberando la sua coda dorata
fronte a fronte all’Oceano e alla sua spuma.

Allegro, allegro, allegro
come i cani sanno essere felici,
senza nient’altro, con la tirannia
della natura sfrontata.
Non c’é addio al mio cane che è morto.
E non c’é né ci fu menzogna tra di noi.

Già se ne andò e lo interrai, e questo era tutto.
 
 
§§§
 
Ernest Hemingway
 

Margerita Yourcenar
 
Gabriele  D'Annunzio
 
 
 
 
George Simenon
 
Alberto Moravia
 
Lev Tostoj
 
Tomasi di Lampedusa
 
Virginia Woof
 
Emile Zola